Si può perdere per una svista? Si, ma la Vanoli “è ancora qua”

Vanoli
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Prendo il mio leggendario Hoepli e cerco il significato di “svista”; eccolo: “Errore non grave, dovuto a fretta o a distrazione”. Ho usato l’importante sostantivo femminile per ingraziare (leggi non rendere scurrile) il titolo del pezzo che annunciava la tutto sommato meritata vittoria di Varese a Cremona; vittoria tutto sommato meritata perché Varese, se di da un occhio a tutta la partita, è certissimamente quella che ha fatto di più per vincerla.

Perché sto incipit? Perché l’uso dell’importante sostantivo femminile ha provocato qualche mal di pancia a qualcuno dei miei 12 lettori. E allora ridondo ricordando gli ultimi 102 secondi di gara. Varese avanti di 8 e con tutte e due le mani sulla partita. Il Meo Nazionale richiama i suoi in panca per un time out si suppone arroventato; probabilmente lo è stato al punto tale da provocare un rientro da 6 a 0 (bombe di Ruzzier e Crawford) inframmezzato da una difesa finalmente tosta che ha mandato fuori giri Varese; il tutto in 41 secondi. Indi contro time out di Caja. Ne escono due punti di Avramovic (gli unici due punti per lui nel quarto…), però un Tre Demps stasera senza più fantasmi riporta a meno due con due liberi; 81 a 79. Adesso di secondi ne mancano 31.

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E qui arrivano le due “sviste”; Ruzzier in entrata (e proprio sotto il mio naso) viene letteralmente spostato da-non-mi-ricordo-più-chi ma Martolini lì ad un sospiro non fa una piega (ho rischiato l’otite all’orecchio destro per l’urlaccio cacciato fuori da Giorgio “Giona” Gandolfi” seduto al mio fianco); indi attacco Varese che non va per un’altra difesa da proiettare nei corsi di minibasket, e ora di secondi ne mancano 9.

Piglia la palla Drew Crawford e io penso “adesso scambia con qualcuno e poi spara la bomba”, ed invece sceglie di entrare pure lui nelle maglie della difesa varesina, probabilmente per lucrare un fallo sperando anche in un gioco da tre. Idea rischiosa che però non si è dimostrata per niente malaccio perché Archie e Cain, scambiando il parquet per un campo da rugby, lo stringono in una tenaglia e lui finisce lungo disteso in terra. Ma il grigio-arancione stazionante nei paraggi (non ricordo se Bongiorni o Bongioni; tanto tra i due c’è solo un “r” in più) dice che tutto va bene (non so se c’è stato un altro urlaccio di Giorgio “Giona“ Gandolfi perché l’otite era in fase acuta e non ci sentivo una mazza). Tecnico credo al Meo Nazionale e sipario calato.

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Ecco; ora toccami ringraziare le numerose persone che mi hanno permesso di posare il deretano a due metri due dal parquet, perché da lì si vedono (e sentono) cose che voi umani non potreste mai immaginare. E da lì ho visto che se il primo fallo su Michelino Ruzzier (perché comunque di fallo trattavasi) era forse veniale e non sempre viene fischiato (ma non lo si dovrebbe fare ad una manciata di secondi dalla fine e con il risultato in bilico), quello su Drew Crawford era così grosso, ma talmente così grosso che l’importante sostantivo femminile usato, e cioè “svista”, e ricioè “errore non grave, dovuto a fretta o a distrazione“, è una clamorosa gentilezza nei confronti  del grigio-arancione, perché invece trattasi sì, nella migliore delle ipotesi, di “distrazione” , ma sicuramente non di “errore non grave” ma di una vera e propria, per dirla alla Cambronne, “merde”.

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Bene, detto tutto questo non rimane altro che ritornare alla partita tutta e ribadire che Varese non ha rubato proprio nulla perché ha menato le danze per lunghi tratti, ma che pure la Vanoli, anche se meno di squadra rispetto alle uscite recenti ma sospinta più che altro dalle folate dei singoli (oggi i soliti Drew Crawford e Peyton Aldridge ed un ritrovato Tre Demps, per il Ciranone vostro MVP vanoliano), non ha mai mollato risollevandosi dal primo agghiacciante quarto, risalendo per ben due volte (non facendocela alla terza per i motivi di cui sopra)  la china di passivi importanti, ma soprattutto dimostrando ancora di essere la solita fastidiosissima cozza; queste sono tutte delle gran belle notizie.

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Per cui niente drammi; la classifica ci sorride e sarebbe un delitto fare processi. Rimangono però, fastidiosi come un gatto vivo nello stomaco, quei 31 secondi che ci fanno tornare al titolo della lagna: “Si può perdere per una svista”? Certamente che si può, se poi la “svista” è qualcosa di più figuriamoci. Aggiungerei che la Vanoli, in questi dieci anni di serie A, ha fatto una specie di abbonamento a codeste “sviste” avendone subite a quintali. Ma la Vanoli potrebbe cantare col Vasco Nazionale e alla faccia di un sacco di persone: “con l’aria, col sole con la rabbia nel cuore con l’odio, l’amore in quattro parole…io sono ancora qua”.

Il che è bello e istruttivo (cit.)

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